Dal 14 marzo sono chiuso in casa, e probabilmente passeranno ancora tanti giorni prima che io possa riaffacciarmi su un fiume .
Mi manca molto l atto pratico, il sesso alieutico quello fatto di muco , di odori di emozioni forti e delusioni cocenti .
Di pelle ustionata e di male alla schiena .
Di tendini stanchi e di sorrisi che escono da soli , spontanei come nei bambini.
Quando mi affaccio alla pesca d' oggi vedo spesso predominare la
Corsa all attrezzatura , e la ricerca della tecnica .
Eppure quando l ho incontrata era differente.
mio padre Pescava in tutti gli ambienti con le solite due canne .
Aveva una nassa tutta rattoppata senza marchio ,
E il palo del guadino era stato improvvisato con una vecchia canna fissa.
Le penne di istrice e i galleggianti artigianali sempre gli stessi ,
Aggiustati e ogni tanto riverniciata l'antenna .
Gli stivali con toppe arancioni da copertone antiestetiche e il fondo liscio.
Quando cresceva in me la passione matta per questa nostra malattia , andava calando in lui sotto il peso della responsabilita di due figli e un lavoro da responsabile .
L' attrezzatura era quella del decennio precedente ,
E neanche a farlo apposta è ancora li oggi dopo venti anni
Il suo contact , il suo cardinal sulla sua daiwa
Che anchessa rattoppata ancora qualche pesce lo leva.
Quel che mi insegnò mio padre e che i sogni non son fatti di carbonio alto modulo , e nemmeno di resine tecnologiche .
Nell affrontare discorsi con altri pescatori spesso mi trovo in imbarazzo , perchè non conosco la differenza fra gli anelli
E non so cosa cambia da una placca ad un altra .
Ho rotto qust ' anno la canna con cui pescavo da dieci anni e quella che ha preso il suo posto ha da farne altrettanti .
Sono tutti attrezzi che vanno oltre la mia capacità di pescatore .
Canne bellissime che sono più di quello che mi serve .
A volte guardo tutte le canne che possiedo e nessuna ha il fascino della tre metri e mezzo in fibra di vetro marrone che mi ha accompagnato nei primi passi a pesca.
Tutte pulite tutte in ordine , guai ad appoggiarle a terra .
Sono troppo per me , e si sono scostate nel tempo dal mio modo di essere.
Quasi sono canne con cui hai soggezzione a pescare , leggere sottili e delicate che se metti un 14 ti vien da tener il culo stretto.
Per carità bellissime , ma mi manca da morire quel catorcio marrone che buttavo a terra e che pescava sempre .
Ogni pomeriggio .
Non sapevo nulla , attaccavo un verme all amo e pescavo,
Non sapevo se il galleggiante era tarato bene o se era della forma giusta , ne se l 'amo era un cristal o un grub.
Non sapevo nemmeno come si chiamavano quei pesci che magicamente tiravano giù la mia antenna.
Oggi sono cambiato ma resto pur sempre uguale ,
Poco informato , poco alla moda .
Sono un ignorante che da piu peso ai sogni che alla realtà
In fondo la sensazione di irrequietezza che nasce nel nostro animo
Quei cinque minuti che pensiamo alla pesca ogni cavolo di ora ,
Altro non è che un sogno che scalpita per uscire ?.
Una volta mio amico mi disse che aveva studiata areonautica ,
Perchè sin da piccolo voleva lavorare con gli aerei , e ora lavorava come meccanico sui caccia militari .
Io provai una grande invidia ( sana invidia ) ,
Perchè io non ho mai avuto ambizioni ne desiderio di fare mio qualche mestiere in particolare .
Io trovo realizzato il mio essere nel sognare di pescare ,
Perchè poi nell atto di pescare come esaurito un bisogno fisico mi spengo.
L' attesa prima della pescata il desiderio di possedere e dominare quegli animali così belli e intelligenti.
Allungare le mani dentro al sogno e afferrare quelle sagome che annebbiano le mie giornate e escono fuori nella notte a tormentarmi i sogni .
E oggi che posso solo sognarli , non mi sento a disagio ,
Perchè la passione mi scorre dentro di più ad ogni giorno,
E si rinnova .
Come una fenice che risorge dalle sue ceneri ogni volta per me e così , si consuma con la pescata successiva e poi l' indomani rinasce
Per tormentarmi ogni giorno della mia vita .
Edited by crissss - 24/4/2020, 19:39