Qualcosa di strano mi sta accadendo: è il secondo sabato di fila che quando arriva il momento di cominciare a pensare quale posto scegliere per trascorrere la giornata in riva al fiume… me ne torno a letto. Non mi era mai capitato di avere due sabati consecutivi quasi totalmente liberi per impegni familiari e lavorativi, già ampiamente svolti nei giorni antecedenti, e non sfruttarli nella loro interezza. Sto diventando vecchio? Beh anagraficamente non lo sono poi molto, ma la stanchezza sta facendosi sentire, non poco. La passione sta scemando? A questa domanda mi rispondo con un sorriso, e mi tranquillizzo subito: quella no, assolutamente no, ci mancherebbe. Sono stanco, non sono particolarmente ispirato perché mentalmente mi ero prefigurato una replica della pescata in Serchio del sabato prima con Samu ma proprio stavolta non è cosa, sono cambiate le condizioni ed è inutile tentare; speravo di prendere quelli che con tutta probabilità sarebbero stati gli ultimi due o tre barbi dell’anno ed il dover rinunciare prima ancora di tentare mi piega gli angoli della bocca come quando a Camilla nego un’altra caramella… A spezzare ogni residuo di speranza arriva il messaggio di Piero, conosciuto giusto sabato scorso, che è in pesca in Serchio: solo tanto freddo, acqua immobile, non partire.
Mi affaccio alla finestra e guardo la Retaia, uno dei monti della Calvana che ho proprio di fronte a casa, avvolto da una bella coltre di nebbia; apro la finestra per far uscire il fumo della sigaretta… boia che freddo, saranno forse 2 gradi; da quando patisco il freddo? Anche questa è nuova, ma come sopra, oggi proprio non voglio farmene un problema. Alessandro ormai sarà già in pesca in quel di Vaiano, ma invece di sentire come butta decido che per il momento la cosa più saggia da fare è tornare nel lettone e spupazzare Camilla, che ha prontamente preso il mio posto quando ore fa mi sono alzato; più tardi ne riparleremo.
Arrivo da Marco per prendere non più di qualche etto di bachi che quasi sta tirando giù il bandone per andare a pranzo: “alla buon’ora Pierlu! Se vai in su mi sa che hai da fare a cazzotti oggi”. L’ho messo in conto ma non importa tanto le piane le lascio tutte agli impavidi che vogliono entrare, io ho comunque il ginocchio che da un pezzo mi ricorda che quella ricostruzione non può più essere posticipata per chissà quanto tempo, cercherò un posticino per pescare da fuori e se li trovo tutti occupati amen, farò due giri nel tratto cittadino e me ne tornerò a casa.
Man mano che salgo sulla ss 325 faccio la conta dei posti da scartare con questi livelli e puntualmente, dopo una rapida perlustrazione, mi ritrovo causa mancanza di posto in uno dei più antipatici; che vuoi pretendere, d’altronde non hai certo fatto le corse oggi!
Gia dall’alto l’acqua appare di una chiarezza vitrea ma quando scendo mi rendo conto che si vede praticamente il fondo sugli oltre 3 metri; questo non è un problema, la cosa che mi sfava è che ancora l’acqua mulina al contrario per la corrente di ritorno, come Daniele aveva trovato giorni prima, e proprio non mi piace pescare così. Vediamo se almeno qualcuno si schioda dal fondo altrimenti giro il culo e me ne vado: ecco che comincio a tirare pochi bachi per vedere come frulla la corrente e dove cadono, ed ecco che alla terza o quarta manciata un cavedano arriva a spizzicare; va bene dai, proviamo.
Salgo a prendere la roba che avevo lasciato in auto e nel discendere mi accorgo che a monte un pescatore stava mangiandosi un panino: boia non l’avevo nemmeno visto, oggi proprio siamo ad un livello di rincoglionimento assoluto! “ti do noia qui?” “vai vai tranquillo tanto oggi non mangia una sega” la sua risposta… benissimo, sempre meglio.
Ecco, in effetti questa frase invece di segarmi le gambe mi ha quasi entusiasmato, come quando da bambino ti dicono “tanto un tu sei bono” a fare qualcosa e te porca miseria allora si che ti ci incaponisci… avete capito cosa intendo no? Almeno uno bisogna che te lo prenda, a costo di starci fino a dopodomani…
Apro la canna che ho montata con 0.10 dalla volta scorsa e nel mentre sfiondo pochi bachi per volta quasi a centro buca, la corrente li rigira e li fa calare proprio davanti ed ho modo di vedere cosa accade fino a circa due metri di profondità, dopo proseguono la discesa ma il riflesso sulla superfice mi impedisce di vedere oltre. Sistemo i pochi piombi del 13 in modo che non vada tutto in balia della corrente, ancora piuttosto allegra, aggiustata al fondo e via… Ci credete che dopo nemmeno un metro il tappo si inabissa ed un cavedano quasi si autoallama?
Il pescatore a monte è ancora intento a sfogarsi sul panino ma vedo che mi guarda con astio ed interrompe la masticazione. Mi esce un “allora un po’ sono ancora attivi dai!” che però alle sue orecchie, dato che boffonchia qualcosa che non riesco a capire, deve esser giunto come sei un coglione se non hai provato a staccarti di terra da stamani… non era mia intenzione, solo si vede che era scritto che la giornata doveva svoltare positivamente.
In effetti però la festa non dura molto, qualche pesce lo prendo ma vedo che sulla calata mangiano sempre meno e con sempre maggior circospezione; nel contempo un paio di cavedani poco sotto sponda passano ogni tanto, guardano quasi senza interesse alcuno i bachi finiti in terra, ogni tanto ne analizzano uno e se lo pappano, poi ripartono incuranti del resto che lasciano in tavola.
Il segnale è abbastanza chiaro, c’è da incollare, appesantirsi un po’ e mettersi con precisione in quel fazzoletto di fondo. A ribadire il messaggio arriva anche la prima folata di tramontana; o cambi ciccio o torni a casa.
Mi chiama Lorenzo, che stava pescando un po’ più a valle, verso le 14, la mattinata è stata piuttosto fiacca e sta cambiando posto causa bucatura degli stivali; due chiacchere tanto per aggiornarlo che anche li non era festa grande e che avrei fatto festa dato che il vento stava cominciando a diventare veramente fastidioso, stavolta ci si contenta così. Riprendo in mano la canna e riprovo con la stessa impostazione di prima nella quasi certamente mera speranza che qualche altro cavedano giustifichi la giornata; non pare essere cambiato nulla, anzi non vedo nemmeno più alcun pesce passare sotto sponda… mi pare però di vedere qualcosa verso il limite della corrente, un riflesso strano in questa uggiosa giornata; provo a tirare alcuni bachi ma niente di che, forse ho sognato. Ancora una fiondatina, non sia mai che… l’ultima, pochi bachi, poi davvero stacco; non me l’ero sognato allora, di nuovo quella strana
ombra; prendo velocemente dallo zaino gli occhiali polarizzati gialli, dio che soldi spesi bene che sono stati, li inforco al volo e fiondo nuovamente alcuni bachi: 1, 2, 3… ecco cos’ era l’ombra, un cavedano veramente brutto, sgraziato, grasso… ma grosso!
È in attimi come questi in cui la sigaretta arriva, per un povero tossicodipendente come me, quasi come una benedizione: proviamo. Lo osservo bene: sta li a pinneggiare poco sotto la superfice quasi come fosse estate piena, non va sui bachi che cadono sul filo ma si dirige, evidentemente appena ne percepisce il contatto con l’acqua, verso quelle che cadono verso la vena secondaria; li segue rallentando la nuotata, si affianca e si ferma, si fa superare e poi ci si avventa prendendone uno o due, non di più: fa sempre così, non so perché ma fa sempre così, come in uno schema ciclico. Senza nemmeno guardare risposto tutti i piombi cercando di fare un qualcosa che mi consenta di non esser spazzato via da quella corrente, ho sempre 0.10 e di sicuro non cambio adesso, fosse solo per non perdere il contatto visivo con quel pesce. Ci siamo, è il momento di provare: eccolo che arriva, il mio baco rimane troppo a galla e nemmeno lo considera. Sposto quell’ultimo pallino e riprovo: cala benino, ma non sceglie il mio. Un’ altra sigaretta, a ruota della precedente, è assolutamente necessaria. Rilancio, in sincronismo veramente perfetto tanto che i bachi dati a mano toccano l’acqua nello stesso istante del mio. Trattengo il respiro: lo punta, eccolo… ma a pochi millimetri, con il cuore ormai quasi fermo per la tensione, scarta e va via. Seguono dieci profonde inspirazioni prima di ritirare. 4 bachi ed il mio al seguito, via. 1, 2, 3, 4 eccolo; 1,2,3,4 punta il mio; 1,2,3,4 ingoia e rimango immobile; 1,2,3 non ha riaperto la bocca… chiudo gli occhi e ferro, o la va o la spacca, non avrò altre chanche; prima, seconda, terza, quarta testata e partenza: c’è; ora si ride. Quasi dieci minuti dopo il pescatore a monte, che ormai ha lasciato la canna sul picchetto e si è avvicinato a guardarmi, nemmeno fossi sta gran bella topa, conferma verbalmente che “cazzo questo è grosso davvero!” Si lo è, non è regale come quelli del Serchio o del Magra col loro colore bronzeo, non sarà un over assoluto come in quelle piane sono presenti, ma per il Bisenzio, dove gli over due ci sono ma non così numerosi non fosse altro per mera densità numerica, è proprio un bel vitellino!
Per mera curiosità stavolta, di solito non mi interessa, mi piacerebbe stimarlo ma non ho dietro niente, quindi empiricamente so che è più lungo di almeno tutta la coda di 50 cm (testa del guadino), dalla schiena alla pancia è più di 20 cm (indice pollice della mia mano sx) ed ha una groppa più da carpa che da cavedano, tanto che cerco di prenderlo per fare una foto al volo col telefono ma non riesco ad impugnarlo, mi ci vorrebbe una mano più grande! un bel regalo, del tutto inaspettato, in questo strano sabato pomeriggio. Alle 15 o poco prima chiama Gaia, “Amo ce la fai a prendere Cami al coro così vado dall’ estetista?” Vai amore vai, ci penso io… non ho altro da chiedere a questa giornata partita senza alcuna aspettativa, va benissimo così: insistere per un’altra ora sotto la tramontana ormai sferzante mi avrebbe imposto un cambio controvoglia, forse sarebbero usciti un altro paio di pesci ma sostanzialmente, parafrasando Frank Costello nella celebre frase di The Departed, non avrebbe aggiunto centimetri al c…o!; e così, anche oggi, la strada del ritorno è dolce, gli U2 con The miracle of Joey Ramone in sottofondo, e mi guardo allo specchietto con, di nuovo, quello strano sorriso da ebete stampato in faccia...
Mi sono dilungato sin troppo e me ne scuso. tutto questo per dire? talvolta basta veramente poco per sorridere, e se lo dice uno come me per cui tendenzialmente il bicchiere è sempre mezzo vuoto, c'è da crederci.
non è cosa da tutti, con l' aggravante che trattavasi di cavedano e pure non di prima ...scaglia 
, invece provo gioia e ammirazione frutto della tua bravura e del tempo che dedichi al nostro fiumetto. Vediamo se domani tolgo il salmastro alle canne con un mini uscita.. 
