Il Vecchio e il fiume, Scusate l'invadenza, ma non c'è una sez.apposita

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zaccaria.austral
view post Posted on 5/11/2014, 08:12




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Ne aveva vista di acqua scorrere, ne aveva vista con gli occhi, con il cuore, e anche con la fantasia di una mente sempre assetata.
Se ne erano cibati l’anima e l’orgoglio, fino a divenire belli grassi, e rilassati quasi come degli oziosi benestanti.
Ora che intravedeva il momento in cui l’avrebbe vista solo con gli occhi dei ricordi, nelle foto degli anni trascorsi, oppure alla televisione nei TG quando avrebbero fatto rivedere le acqua-catastrofi di questi primi decenni degli anni 2000, si sentiva ancora più cosciente di quello che il destino, sia quello con la D maiuscola che quello cercato con testardaggine gli avevano donato.
Aveva dovuto pagare qualcosa, diciamo una cauzione, o ancora meglio un risarcimento danni, ma la vita era così per tutti: mai gratis!
E lui quello che aveva pagato lo riteneva equo, avrebbe pagato sicuramente anche di più se fosse stato necessario.
Nei ricordi di pesca, c’erano immagini belle e indelebili, come quelle di una Mamma o di un figlio, c’erano i ricami dei gorghi che si creano improvvisi nelle lame, la pelle d’oca sui bracci e nell'acqua quando questi vengono sferzati dal primo tramontano stagionale, le foglie che svolazzano da tutte le parti prima di planare sul fiume in una giornata d’autunno: “scialuppe” di tutti i colori e di tutte le forme, scialuppe destinate alla deriva, a fare d’arredo alle sponde, o da cuscino sul letto del fiume.
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Chissà perché anche la prima immagine interna stamani era stata autunnale, forse perché questa stagione era quella che si sposava meglio con lo smorzarsi della vita, si disse che non sarebbe stato malvagio andarsene così, come quelle foglie … una ventata più secca e forte delle altre, il picciolo che cede, la linfa che non arriverà più, niente ossigeno,ne anidrite carbonica, solo un disordinato volo, un ultimo grande respiro che fa girare il mondo intorno; una vita attaccato alle radici, alle “cose terrene” e poi un finale senza vincoli e senza meta.
Aria e poi acqua, a macerare a decomporsi dentro a schemi sconosciuti.
Certo che stamani si era alzato proprio con una bella filosofia pensò …, le protesi alle anche, gli avevano ridato un po’ della mobilità perduta, la deambulazione però ora risultava poco naturale: rigida e compassata, ma gli permetteva quello che gli interessava di più, accedere alle sponde e entrare ancora a far parte del fiume.
Aveva scaricato la “roba” dalla macchina, non molta, da qualche anno cercava sempre più di razionalizzarne il trasporto, in parole povere, il peso.
Indossò la tuta, quella, anche se impacciava non poco, purtroppo era indispensabile anche in estate, figurarsi ora; erano sfumati come la nebbia che si stava alzando dal fiume i ricordi di quando si immergeva con solo le mutande … da “animale di fiume” a

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Pescatore … un’evoluzione obbligata, non aveva potuto fare diversamente, le leggi degli uomini e le leggi del tempo gli avevano imposto un tracciato obbligato, fosse stato per lui forse sarebbe rimasto sempre“animale”!
Posò lo zaino sulla sponda, si tolse di dosso la tracolla del fodero delle canne e quella del porta nasse, non si piegò sulle gambe, ma lasciò che scivolassero a terra, gli sforzi andavano razionalizzati ancora più del peso, rimase qualche minuto a gambe divaricate, fermo, fisso come l’espressione del viso, quando il verde allentò per un attimo l’incantesimo dal suo corpo, sorrise pensando a quanto sarebbe stato buffo vedersi.
La lampo del fodero ebbe un paio di inciampi nel suo scorrere, qualche dente mancante le impediva un percorso fluido come un tempo … “vecchia anche lei” … le canne dentro non erano male, si lasciò del tempo per guardarle, come si diceva …”anche l’occhio vuole la sua parte”, no che fossero immacolate; erano canne da pesca, e avevano pescato, solo che il tempo trascorso ad asciugarle e strisciarle con un morbido panno su cui aveva vaporizzato dello spray idrorepellente, ne aveva tenuto i colori accesi, e limitato i graffi che lo sporco secco provoca quando dopo una settimana di fermo, si ritirano i pezzi fino alla strozzatura del cono sottostante. I mulinelli erano un poco più vissuti, sempre i soliti per troppo tempo, per rimanere di un aspetto brillante, solo il nailon sopra aveva una luce fresca, lo aveva sempre sostituito con regolarità, irrorandolo anche quello ogni volta che ne inbobinava di nuovo.
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Le montature erano assenti, era abituato a farsele sul fiume, specie ora che non aveva fretta, prendeva dalla macchina lo sgabello e si metteva seduto, in quel palcoscenico si sentiva sereno, sicuramente più di molti suoi coetanei seduti sulle panchine dei giardini … lì non si provava né invidia né rancore per nessuno, non si disturbava chi lavorava, e non si faceva compassione ai giovani.
Lo zaino a dire il vero custodiva degli avvolgi lenza con qualche lenza sopra, ma come spesso gli accadeva anche da più giovane, erano montature che non duravano più di due uscite, erano quelle che avevano fatto il loro dovere la volta precedente, ma già alla seconda, o non rendevano al meglio o erano state riposte non più integre. A qualcuna mancava il finale, altre avevano il galleggiante con l’antenna che quando si tirava il nailon saltava via dalla sede, oppure la deriva che aveva un solo passantino in silicone perché gli altri si erano tagliati a forza di scorrere su e giù per la lenza, quasi come se anche loro dovessero eseguire una passata.
E dire che ne aveva visti di raccoglitori ben ordinati, tanti e talmente ben tenuti da far invidia ad un negozio, c’erano stati degli amici che ne facevano un’arte, lui ci aveva provato, ma non era la sua natura …
Oltretutto il nodo di giunzione, lo disturbava non poco, non gli era mai apparso affidabile, anche se molte volte aveva dato prova di una buona tenuta, altre aveva fatto cilecca, e nel tira - tira, la
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montatura intera era rimasta attaccata al ramo di turno, sul fondo, e qualche brutta volta pure a rimorchio di uno sfidante.
Poi … poi, avevano il peccato originale: andavano collegate con il nodo!
Per lui, che si era fatto “ un nome” con il no-nodo, era quasi un affronto!
Tutte le volte che ripensava a quanto’accaduto si chiedeva come gli fossero venute alla mente quelle soluzioni, e dire che era certo che la tecnica non fosse mai stata il suo fiore “all’occhiello”… ma c’era cascato dentro con entrambe le gambe il giorno che aveva incontrato i tecnici veri, quei ragionatori dalle menti lucide e catturanti, grandi anche nell’anima della passione che ci mettevano dentro.
Erano stati una quindicina di anni intensi, di apprendistato ed evoluzione comune, con un passo ben oltre le righe del suo modo di vivere quella passione, ma sicuramente anni fecondi.
Poi era tornato di nuovo solo, era la sua natura, non era un asociale, avere avuto uno o più compagni con cui parlare e riparlare di pesca era stato bello, ma il fiume l’aveva conosciuto così, a sei anni: da solo, e quello che aveva compreso sin da allora era che soddisfaceva appieno la sua indole più intima, stare sulle sue sponde a riflettere, come faceva la sua superficie. Perciò aveva ripreso a camminare invece di correre, un po’ come quei motociclisti che vanno forte solo quando tengono la ruota di
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chi, più bravo, li precede, per poi tornare su ritmi più blandi se non hanno più il riferimento di chi gli imposta la curva.
Oltretutto lo sapeva, competere era bello, ma dopo un po’ lo stancava, non aveva la molla di chi vuol vincere sempre, lo gratificava di più essere un outsider, così si poteva prendersi tutte le rivincite che voleva sentendosi ugualmente orgoglioso delle buone prestazioni, senza doversi ripetere a tutti i costi … la molla della sfida invece, scattava sempre nel confronto fra lui e il pesce, specie se era in canna … ed era naturale così …
Smise di pensare, e si accorse che il piccolo amo che teneva fra i polpastrelli del pollice e dell’indice si era dato alla “macchia” benedetta pesca alla passata, tutto miniaturizzato e per giunta di un bel color bronzo che si intonava perfettamente con il color terra autunnale, scrollo via un po’ di terra con le dita nei pressi del panchetto, poi decise che era meglio prenderne un altro …
La prossima “invenzione” si disse sarà un bel “ditale magnetico” o anche una fascetta ad anello sul primo tratto dell’indice!
Meglio ancora una “pozione di ringiovanimento” … ma quella sarebbe stata un problema troppo grosso, chimicamente non era nemmeno all'altezza di farsi delle pasture, figuriamoci … troppo mescolare, era la sua natura un po’ indolente quella che inevitabilmente lo portava ad imboccare le strade meno laboriose, ecco come era avvenuto che un difetto si fosse tramutato in virtù!

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Spense per un attimo il tran-tran della mente e riprese a trafficare in quel suo laboratorio all'aperto, dove non si pagavano né tasse né utenze, bastava un misero bollettino postale che anche un pensionato si poteva permettere, c’era purtroppo da mettere in conto l’idiozia e la cattiveria del prossimo, ma quella era in ogni dove.
Si guardò attorno sul fiume non c’era anima viva, eppure non faceva ancora veramente freddo, e le abitazioni non erano lontane, ma quel dono di dio era stato abbandonato da tempo, così come si usava fare allora con le cose che si credeva ci appartenessero per diritto acquisito: sfruttato e abbandonato.
Superficiali, Sciocchi e pure Vigliacchi!!
Superficiali nel pensare che la natura era solo da sfruttare.
Sciocchi nel credere che comunque lei stessa o qualcun’altro per lei avrebbe rimediato ai danni che si vedevano.
Vigliacchi, perché spesso si era nascosta la mano che aveva tirato il sasso.
Aveva vissuto in prima persona l’alluvione di Firenze del 4 Novembre del 66, una delle infinite lezioni che la natura aveva inflitto all'uomo, una città divenuta lago in una notte!
Quando avvenivano quelle catastrofi, si andava sempre a caccia “dell’errore umano” e mai si voleva ammettere che era sempre il medesimo: non rispettare il corso naturale delle cose.
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Voler per interesse modificare, cementificare, rettificare, sotterrare, Ingabbiare fra alte mura quello che la natura aveva previsto come cosa mutevole, come cosa viva!
Gli era anche toccato di vederla morire quella cosa viva … non era una cosa naturale pensò, che un fiume vivesse meno di lui.
Inghiottì i pensieri amari, se erano venuti a galla così prepotenti probabilmente era perché non si riteneva indenne da responsabilità, lui sapeva di cosa aveva e stava godendo …
Guardare di nuovo la corrente gli allentò la rabbia, e sperò con forza che quella vecchia signora, che sapeva come ci si trucca, avesse davanti a se ancora millenni e millenni di scorrere.
Sognò che i nuovi sordi, come chiamava lui i giovani che giravano perennemente con le orecchie tappate dagli auricolari, maturassero un giorno più sensibilità pratica dei padri.
I giovani … quante cose si sarebbero potute raccontare le generazioni stando a cospetto di un fiume; ora gli sarebbe piaciuto più insegnare che pescare … una volta c’erano i focolari … ora il distacco non era solo generazionale, era proprio fisico!

La maggioranza di quei benedetti ragazzi, viaggiava con una manualità impressionante sui Tablet in Touch-screen, si sentivano orgogliosi, una generazione digitale, lui gli avrebbe insegnato volentieri come la sensibilità delle dita ha anche altre sfaccettature, i polpastrelli possono scorrere su di un braille di
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carbonio e comunicare con gli “alieni con le pinne” molto più che un joystick su di un freddo video!
Una canna un filo ed un galleggiante, come da ragazzi ai suoi tempi si usavano due barattoli vuoti e una corda per comunicarsi in “interfono”.
Pochi avrebbero capito che quella attrezzatura da pesca spesso era solo un cordone ombelicale.
Del vento gli entrò nel naso, per poi esplodere in un sano starnuto che gli scosse tutto il corpo, e gli tolse i “piedi dal fondo” per farli tornare per terra.
Era ora di pescare, ma la mente voleva ancora godere di quell'interregno che si creava quando stava sulla sponda, e continuava a espandere i pensieri prevaricando una voglia di prender pesci che ancora non era impellente, lì si era fra “sogno e realtà”, se mai un giorno scrivessi un libro sulla pesca si disse, lo vorrei proprio intitolare: “fra sogno e realtà” e più che i pescatori vorrei lo leggessero i contrari alla pesca, i verdi, gli animalisti, vorrei riuscire in una cosa grande, vorrei fargli capire che una cosa prima di difenderla, non basta “conoscerla”, ma bisogna amarla, e per far si che questo avvenga, è necessario un lungo percorso, che in dei momenti ci veda anche sfidarne le “leggi”, appropriarci più del dovuto, perché sono quelli poi i fatti che realmente ci certificano quali sono i limiti invalicabili per una esistenza comune.

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come per non gettare rifiuti su di un alveo, bisogna esserne stati correi, e averne visti i resti appollaiati sui rami degli alberi dopo che è scemata una piena … sembra Natale, ma i doni non sono un gran che!
Così come per capire quale è un minimo flusso vitale per il fiume, bisogna aver visto all'opera le pompe degli agricoltori o degli “ortolani” durante le estati siccitose.
Come per comprendere cosa è la transfaunazione o l’immissione di pesci alloctoni, bisogna aver peccato con mano e vedere i pessimi risultati del nostro “intelletto” a distanza di tempo.
Insomma questo giro era proprio il caso di pensare che il detto: “non basta una vita per apprendere” fosse proprio falso, perché se frequentavi, avevi la mente aperta e una coscienza media, una vita per comprendere come comportarsi con l’acqua bastava e avanzava, anzi spesso a vederne i risultati pareva persino troppa!! Chiuse l’ultimo giro del nailon doppiato e ne ascoltò lo stock che sanciva la riuscita del blocco dentro il falso occhio, aggiunse due pallini sul terminale e rimirò l’opera, pareva carina, prese l’amo fra le dita e iniziò a dondolarla lateralmente a destra e sinistra per vedere se “strappava” o se ondeggiava in modo armonico, era
importante, la sotto avrebbe obbedito alle leggi fisiche del liquido, ma se non era palesemente “bilanciata” almeno sopra, difficilmente avrebbe avuto un andamento idoneo e omogeneo una volta sotto.

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La mise in acqua e sorrise nel vedere come il galleggiante entrava “in pesca” e si lasciava solo rimirare l’antenna rossa e gialla, era del tempo ormai che non contava più i pallini di piombo che metteva sul nailon, qualunque fosse la grammatura usata, andava a braccio e seminava sulla lenza quello che gli diceva
l’istinto, gli era accaduto più di una volta di mordere l’ultimo pallino e dirsi: te sei di troppo ma con questa corrente mi sei utile per la trattenuta, e accorgersi che così era!
Non era tecnica, erano meccanismi automatici, quasi inconsapevoli, movimenti, immagini, andate in archivio e lì salvate per sempre!
Non aveva fretta, tanto era certo i pesci erano la sotto, il fiume aveva una portata importante, e la temperatura ancora stabile anche se con valori in discesa, l’autunno era una specie di primavera ritardata, uno dei momenti d’oro per insidiare chi stava iniziando a prendere in seria considerazione una razione di cibo doppia se non tripla, in attesa che il gelo bloccasse l’appetito, intorpidisse i muscoli e il cervello di molti di loro.
Sarebbero rimaste solo “le sentinelle”: i grandi pesci con gli occhi gialli a fare la ronda nelle freddi piane, e lui li aspettava con ansia, sia per la sfida, che per la consapevolezza che ormai gli inverni erano stati troppi perché ne potesse aspettare ancora molti altri.
Entrò in acqua guardando con attenzione che sul fondo non ci fossero grosse pietre ad impedirne i passi, un inciampo ora
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avrebbe vanificato tutto, e chiuso subito una giornata che aveva tutti i presupposti per essere piacevole e proficua.
Sopra la testa passò un aereo, brillava come un gioiello e aveva la scia: una cometa meccanica … dopo poco ne avvertì il suono cupo delle turbine, era in ritardo di qualche secondo, e questo, chissà perché, gli fece tornare alla mente, quello che gli era accaduto a 15 anni con la piena di un torrente … meno male che in quel caso era arrivato prima il “rumore” dell’acqua … sentire il rombo di una piena in arrivo e poi vederne il muro d’acqua che travolge spumeggiando le sponde è una cosa che resta indelebile sulla pelle!
La natura ricordava, lo aveva avvisato più volte … era un bel sereno quel giorno d’estate, ma era tutta la mattina che in lontananza sui monti si sentivano i “tamburi” rullare …
Poi improvvisamente intorno al fiume si era zittito tutto, anche l’acqua pareva fioca, rallentata, improvvisamente vuota di vita … aveva la sensazione che ci fosse elettricità intorno, sentì un“rombo” crescere di intensità, e i sensi si fecero più vivi del solito, era inquieto, ma non sapeva perché … si salvò solo perché casualmente era in sponda e non in acqua e principalmente perché era in un lungo tratto diritto e aperto che gli permise l’avvistamento e la fuga nei campi soprastanti, fosse stato dietro una curva, l’abbraccio del fiume sarebbe stato l’ultimo.
Entrando in acqua si accorse che la tuta gommata, cominciava ad essere non adatta alla temperatura dell’acqua … ma tanto fra
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poco il sole avrebbe dato una mano, e poi non gli dispiaceva che si andasse verso il gelo, pesci a parte il grande freddo aveva la prerogativa di rendere quasi normali delle sponde vuote, e volendo rincarare la dose, non è che poi gli dispiacesse molto, non vedere quei rari giovani che incontrava, intenti a cimentarsi con una pesca che non era la sua, a vederli piantare quelle corte e robuste canne sui puntali e fiondare in acqua lenze che portavano in dote bocconi massicci come un pezzo di fegato o una treccia di budella … sembravano già dei vecchi si disse, anzi peggio, almeno i vecchi che aveva conosciuto lui da bimbo, facevano quella pesca alla fine di un percorso durato decine di anni, e che a “fine carriera” gli aveva comunque lasciato in dote una conoscenza del fiume che già da sola faceva la differenza.
Ora sparavano lenze a caso, con la ferma certezza che “il mostro” attratto da quei “sanguinolenti” bocconi, sarebbe comunque giunto a destinazione.
Ne aveva incontrati, che venivano e che tornavano via con le pive nel sacco, anche in posti che erano ormai terreni di conquista dei 6 baffi.
Il segreto era vecchio quanto matusalemme, che si trattasse di pesce foraggio o predatori, in qualsiasi stagione, la pesca era più produttiva quando il fiume aveva un livello che riusciva a smuovere il fondo.
Sbracciò, la corta bolognese fece la classica breve corsa che serve per accompagnare la lenza a distendersi a monte, un semplice
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movimento di polso appena accennato la dispose in modo corretto per abbreviarne il più possibile i tempi di discesa sul fondo.
Era stato un movimento fluido, ma sia la spalla che i tendini dell’avambraccio ancora “freddi” non avevano gradito … sbuffò,
era un pezzo ormai che la cosa stava peggiorando, non c’era giuntura che non “scricchiolasse” e non desse fitte dolorose.
In acqua e non, gli anni trascorsi si sentivano; specie gli ultimi, dove aveva dovuto spremersi e fare appello al fisico; la crisi economica, aveva costretto tanti, troppi, a dare il massimo delle proprie capacità anche in età avanzate, fino a mandarne in riserva fissa la pila del benessere.
Peccato non potersi ricaricare come si faceva con i cellulari, o ancora meglio rigenerarsi come faceva il fiume.
Oggi sapeva per la prima volta che se avesse dovuto affrontare un grosso pesce con quella tecnica stando in acqua, avrebbe avuto anche delle difficoltà fisiche, non gli era mai accaduto di pensarlo, ma qualche mese prima una grossa carpa lo aveva messo alla frusta prima di strappare una lenza generosa messa su al momento che l’aveva vista in pastura.
Si era dovuto sedere, con le gambe che tremavano, e non era emozione …
Aveva toccato con mano il suo limite fisico, una esperienza nuova il cui messaggio era chiaro: avrebbe dovuto tenerne conto!
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Pensarlo ora lo aveva messo illogicamente di buon umore, “finalmente sarebbe stata una lotta alla pari!”
Un corpo a corpo fisico fra “vecchie lenze”!
Il cenno del galleggiante che transitava poco a valle, gli apparve come l’occhiolino strizzato da un amico, il classico cenno d’intesa fra chi ha ormai un codice in comune.
Spesso quando era molto concentrato, gli sembrava di avere un “compagno di carte”, uno che la sapeva lunga e che spesso parlava a cenni …: ” striscio e passo … striscio lungo … striscio e busso!
Questa volta non gli aveva dato ascolto, sapeva di essere fuori tempo e non aveva voluto allarmare i condomini di sotto, il galleggiante aveva proseguito “il cammino” tardando a riprendere l’assetto, pareva quasi si fosse offeso per la mancata intesa, in realtà era colpa della parte bassa della lenza, che essendo stata frenata da qualcuno, tardava a riposizionarsi … problemi di equilibrio fra piombi e flusso d’acqua?
Ferrò: un gesto palesemente istintivo che però andò a segno!

A volte accadeva, non era una magia, erano i tanti piccoli pezzetti del mosaico della memoria che si incastravano fra loro attratti da un magnetismo che anticipava la vista e i riflessi.

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Era uno dei momenti più intensi della pesca alla passata, era il rigo alla fine delle cifre, quello che anticipava il totale della somma di tante, tante ore trascorse a tu per tu col fiume.
Era in contatto!
Ora guardava quella traccia nera che faceva arco nel celeste dello sfondo chiudersi sempre di più fino ad confondersi con i colori
autunnali della sponda opposta, era uno dei disegni più belli che un pescatore potesse desiderare: una parabola di carbonio!
Sperò tanto che fosse un grande pesce, che fosse un vecchio pesce, ci si vedeva proprio in “quel dipinto” di madre natura, gobbo sulla canna come se non volesse spezzarne l’armonia della curva, in dei momenti immobile come una diapositiva, componente principe di tanti fermi immagine, sarebbe stato necessario farli scorrere più veloci del naturale per coglierne i movimenti più intimi, proprio come fanno i cineasti con i cartoni animati, lui era un cartone animato pescante, quello sotto invece era suo malgrado, l’attore protagonista di tutta la storia.
Il disegno della parabola si scompose sotto la rifrazione dell’acqua quando dovette gioco forza immergerne i primi due pezzi della canna sotto la sua superficie, era il movimento principe, quello che consentiva di prendere in mano la situazione, la classica fregatura per il pesce, quella, che se non aveva una taglia spropositata rispetto all'attrezzatura, ne avrebbe abbindolato l’indole, sopendone il terrore con una trazione non più decisa verso la superficie.
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Non era l’unico movimento, c’erano anche altre opzioni che conseguivano lo stesso risultato, tutte più o meno orientate ad un allentamento della tensione, ma lui ormai aveva mandato a memoria questa, e non era certo ora il tempo di cambiare.
Via via che passava il tempo … ma passava veramente?
Si sentiva sempre più rilassato e padrone della situazione, il pesce in realtà non è che si comportasse da meno, aveva preso a stazionare a centro fiume dove la corrente era decisamente troppo forte perché si potesse pensare di forzarlo senza sortirne un guaio irreparabile, così la cosa si protraeva nel tempo, e lui cominciava a sentirsi come il protagonista di quel racconto di E. Hemingway dove il grande scrittore aveva narrato le gesta di “Il vecchio e il mare” ora sognava di essere la comparsa di quel capolavoro, magari la copia più scipita, ma pur sempre di pesca si trattava!
Che non ci fosse un gigantesco Marlin attaccato all'altro capo del nailon, era scontato, ma non si sarebbe mai sognato di andare a raccontarlo a quel “delinquente con le pinne” che anche se di taglia irrisoria rispetto a quello dell’epopea marina, sembrava essersi immedesimato pienamente nella parte!

Avrebbe voluto gridargli, tranquillo che non finisci spolpato dai pescecani.

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Ci stava pure che si conoscessero di già, magari si erano incontrati da più giovani, magari aveva vinto il pesce …
Ecco come apparve il tarlo, nel bel mezzo di una superficiale fantasia … ed ora che era arrivato, si faceva posto fra la sicurezza e l’esperienza, aggirava la padronanza e la consuetudine dei gesti, e si apprestava a far da guastafeste!
Ne passò del tempo, prima che quello la smettesse di “trapanare”, ora che si sentiva più calmo, poteva anche immaginare che si fosse passata l’ora di lotta, non aveva l’orologio al polso, dopo tanti cinturini macerati, ora cercava di evitarlo, ma l’orologio dei dolori batteva i minuti altrettanto bene, aveva provato a passare la canna sull'altro braccio, e si era accorto che quello che aveva impugnato la canna fino a quel momento, non si voleva raddrizzare, rimaneva piegato e se provava a distenderlo anche piano, il dolore si faceva acuto, tanto valeva che ci riposizionasse la canna!
Passò altro tempo, troppo, ormai delirava, parlava a terzi, come se avesse un pubblico a guardarne le gesta, pareva ci fossero per lo più giovani, e lui voleva far capire a quelli che non avevano le rughe, di come quello scorrere che aveva davanti fosse un’altra cosa di quello sullo schermo dei Tablet, lì non c’erano cristalli liquidi, ma un liquido di cristallo!
Ora più che mai umanizzava il pesce con cui stava lottando, anzi era ormai certo che quella storia aveva un fondamento serio, erano entrambi animali ed avevano tutto in comune: istinti vecchi
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come la paura, sensibilità fisiche come il dolore, sentimenti come la rabbia, la disperazione, come il rispetto e la resa; il sogno era sempre più realtà come il bianco della pancia del pesce, vinto e sfinito come lui.
Il cuore che gli batteva all'impazzata gli annebbiava la mente, tanto che non si rendeva conto se il suo accelerare fosse dovuto più allo sforzo o all'emozione, quando il grosso pesce entrò nel guadino, si guardò intorno, era solo, non c’era tutta quella gente che aveva visto nel “delirio” dell’azione, fu allora che decise, in un attimo in cui l’adrenalina era padrona della ragione: l’avrebbe scritto quel benedetto “libro”, che l’inchiostro si facesse avanti con i suoi ricami sul foglio tanto simili ai mulinelli dell’acqua.



A.Z.
 
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view post Posted on 5/11/2014, 08:55
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Pierlu

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Non so dirti altro che grazie Zaccaria: non conosco parole che potrebbero raffigurare l'emozione ed il coinvolgimento che mi hai dato.
 
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view post Posted on 5/11/2014, 09:01
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Lorenzo

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per ora riesco solo a dire : BELLISSIMO e mille grazie ZAC.
:clap1: :clap1: :clap1: :prega: :prega: :prega:
 
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view post Posted on 5/11/2014, 10:24
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Nostalgia della Savetta.......

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CITAZIONE (zaccaria.austral @ 5/11/2014, 08:12) 
: l’avrebbe scritto quel benedetto “libro”, che l’inchiostro si facesse avanti con i suoi ricami sul foglio tanto simili ai mulinelli dell’acqua.
A.Z.

Boh....Zac....non so cosa scrivere, il che per un chiaccherone come me vuol dire tutto :whistling2:
Azzardo un : " stupendo" ma non è quello che ho in mente, sto pensando un misto di bellezza, malinconia, "essere di fianco a te" , condivisione di ragionamenti e pensieri che però non sono capace come te di mettere nero su bianco.......
Senti Zac, promettimi una cosa :
se mai scriverai quel libro voglio la prima copia con la tua dedica, è importante..... :yes:
 
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view post Posted on 5/11/2014, 10:28

Carpe diem

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Stupendo! :prega: :prega: :prega: :prega:
 
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view post Posted on 5/11/2014, 13:06
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in attesa del big!

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me lo rileggo con calma senza telefono e gente che rompe nei momenti meno opportuni...
 
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zaccaria.austral
view post Posted on 5/11/2014, 13:44




Già per il fatto che ve lo siete letto tutto, meritate voi un grande GRAZIE! ;) :D
 
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view post Posted on 5/11/2014, 13:50
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Lorenzo

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CITAZIONE (sandro-mi @ 5/11/2014, 10:24) 
CITAZIONE (zaccaria.austral @ 5/11/2014, 08:12) 
: l’avrebbe scritto quel benedetto “libro”, che l’inchiostro si facesse avanti con i suoi ricami sul foglio tanto simili ai mulinelli dell’acqua.
A.Z.

Boh....Zac....non so cosa scrivere, il che per un chiaccherone come me vuol dire tutto :whistling2:
Azzardo un : " stupendo" ma non è quello che ho in mente, sto pensando un misto di bellezza, malinconia, "essere di fianco a te" , condivisione di ragionamenti e pensieri che però non sono capace come te di mettere nero su bianco.......
Senti Zac, promettimi una cosa :
se mai scriverai quel libro voglio la prima copia con la tua dedica, è importante..... :yes:

Se mai verrà scritto quel libro,propongo una vendita all' asta della prima copia con i proventi dati a scopo benefico (magari una leggerissima 6Mt per il "vecchio" )....sono sicuro che sarebbe una pietra miliare della "letteratura aulietica " :ok:
 
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view post Posted on 5/11/2014, 13:52
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io l ho stampato.. e stasera mentre sorseggio una birretta me lo leggo
 
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view post Posted on 5/11/2014, 14:09
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Mai mollare !

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Veramente vale la pena ''leggerti''... ... ...
 
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Simone1975
view post Posted on 5/11/2014, 14:11




....prima o poi ti DEVO conoscere....molto emozionante..molto...
 
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view post Posted on 5/11/2014, 16:02
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ho una bassa tolleranza......

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L'ho letto due volte :D :clap1: :clap1: :clap1:
 
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view post Posted on 5/11/2014, 20:54
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Dai diamanti non nasce niente.........

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Spero sinceramente che tu lo scriva per davvero un libro zac!

Dimenticavo, probabilmente scrivi meglio di come peschi.... :whistling2:
:prega: scusa Zac!

Edited by Gianki61 - 5/11/2014, 22:43
 
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view post Posted on 5/11/2014, 21:50
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Lo devi scrivere quel libro, con l'inchiostro o magari anche senza, computer, palmari... basta che lo scrivi.

Se gli dai quel tipo d'impostazione verrebbe da urlo, come da urlo è questo racconto.


Credo di non sbagliare dicendo che questo è il tuo lavoro più bello da quando sei "online" :prega:
 
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spigolaccio
view post Posted on 6/11/2014, 14:27




Zaccaria grazie delle belle emozioni provate leggendo lo scritto perché in esse traspare tutta la passione, l' entusiasmo, il sacrificio e la gioia che la pesca sa dare.
grazie perché hai dato voce ai pensieri che sicuramente proveremo quando pur andando avanti negli anni, con qualche acciacco in più, continueremo a praticare questo sport entusiasmante
:bye1:
 
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24 replies since 5/11/2014, 08:12   856 views
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