E' un tipo di passata che pratico mal volentieri
Quando però Mr.Zelli spende due righe di inchiostro su Pianeta Pesca per questa tecnica, leggo con piacere tutti gli approfondimenti, perché come lui stesso scrive:
"quando una cosa non la conosci o peggio ancora la ignori, è abbastanza comodo dire che questa cosa non esiste ed in un certo qual modo ci mette al riparo dalla paura di non sapere".Siccome a me fa piacere conoscere le cose sotto tutti gli aspetti ( soprattutto nella pesca alla passata ), dedico un po' più di tempo alla lettura degli articoli dello Zelli nazionale, ma confesso che non sempre riesco a comprenderne immediatamente il contenuto tecnico spesso a causa delle differenti grammature tra le sue applicazioni / situazioni e le mie esperienze / correnti.
Sono felicemente giunto alla conclusione che è meglio ri-prenderli a più riprese anche a distanza di mesi dalla data di pubblicazione, per avere lo "spazio" necessario per assimilarli e fare qualche esperimento
Ecco allora che mi riferisco ad
"Aspettando Godot: barbi da rivisitare" di Settembre 2014, dove Massimo dedica un capitolo intero a questa specifica tecnica praticata per l'occasione sui fondali sabbiosi di Spinadesco.
Oppure ad
"Una bolognese coi baffi" di Giugno 2015 in cui il Grizzly tratta la lenza a doppio bulk e soprattutto la scalata inversa, applicandole alla passata a rovescio.
Innanzi tutto, come lavora a contatto con il fondale una lenza che fila trascinata a valle spinta dalla corrente che agisce principalmente sul galleggiante senza nessun freno ?
Sembra una domanda scontata, ma secondo me in realtà non lo è.
Per gli schemi che ho sempre visto disegnati sulle riviste e per un'iniziale ed approssimativa logica, ecco il disegno secondo il quale una lenza che pesca in corrente "a rovescio", dovrebbe presentarsi agli occhi del pesce:
Lo schizzo è tratto da
"Come pescare a passata con il galleggiante", pubblicazione tutta italiana del 1994 curata dalla prestigiosa redazione de
"Il pescatore d'acqua dolce", tra i nomi presenti spiccano quello di Riccardo Zago e Marina Albertarelli ( figlia del grande Mario ).
Io ho sempre ritenuto che la prerogativa principale per una buona presentazione dell'esca al pesce, consista nell'abilità di fargli arrivare prima l'amo che non il resto della piombatura ed in questo caso potrebbe non avvenire.
Se il pesce ( il barbo soprattutto ) è in pastura ( rossa o bigatti incollati con ghiaia ) e si vede arrivare dritta sul muso una lenza tenuta tesa da un treno di pallini di piombo che scarrozzano sui sassi del fondo, come può non allarmarsi ?
Ecco allora che secondo me il tratto del terminale non resta indietro come ultimo vagone del treno, ma essendo libero senza zavorra, viene spinto in avanti dalla corrente che lo fa sopravanzare almeno rispetto alla filata di pallini che lavora a contatto con il fondale che risulta leggermente rallentata, secondo questo disegno da me rivisitato:
Frequento soprattutto le piane e le correnti del Serchio che per il 70 / 75 % dei casi presentano il fondale interamente sassoso e molto irregolare con marcati sbalzi di profondità ( anche 10 / 15 centimetri ) nel giro di pochi metri di passata.
Questo tipo di lenza, a me, si "impunta" e non ne vuole sapere di "ripartire"... ecco allora che mi salvo scalando i piombi in maniera tradizionale distanziandoli verso il basso, appoggiando un lungo tratto di nylon sul fondo e trattenendo in maniera tale che l'esca danzi tra i sassi del fondale con frenate e
ripartenze ed ogni tanto, con questo solito sistema,
parte davvero
Eppure qualcuno, mi ha fatto vedere che nelle stesse correnti dove pesco abitualmente, funziona perfettamente..
Se avete qualcosa da aggiungere...
Edited by massimo.magrini - 8/9/2015, 08:34